L’incremento dell’uso della tecnologia durante la scuola ai tempi della pandemia ha rilanciato il dibattito sterilissimo tra tecnofili e tecnofobi, il che avviene tutte le volte che assistiamo ad una accelerazione nel percorso abbastanza “obbligato” di implementazione delle TIC. Un esempio di tematica “accelerante” era stata la LIM, che a sua volta ha una storia oscillante nel trust-rank didattico: oggi “risorge” col bando sui monitor interattivi.
Il sostanziale fallimento della DAD (che oggi viene riproposta come ripiego estremo per il risalire dei contagi variante omicron) ha infatti rintuzzato la polemica contro la tecnologia; poiché in ambito educativo non tutto è sostituibile dalla macchina, l’aspetto positivo della polemica è che forse si potrebbe capire “fin dove” le TIC possono arrivare. Anche noi sosteniamo che le TIC sono quasi inutili, laddove replicano protocolli desueti, poiché il loro scopo sarebbe proprio quello di superarli e modificarli. Il rischio è quindi quello di dimenticare di affrontare il vero problema e cioè una seria riforma della didattica. Dobbiamo finalmente chiederci quali sono le condizioni del funzionamento delle TIC nell’apprendimento.